JustPaste.it

Civile Ord. Sez. L Num. 26996 Anno 2018
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: DE GREGORIO FEDERICO
Data pubblicazione: 24/10/2018

...-omissis-...

la Corte territoriale, richiamati i principi di diritto affermati in tema di danno non patrimoniale dalla nota pronuncia delle Sezioni unite civili di questa Corte n. 26972 del 2008 -tra cui, in particolare, l'unitarietà del danno non patrimoniale, per cui deve reputarsi corretta la liquidazione, a titolo di risarcimento, in ragione di una somma onnicomprensiva, posto che le varie voci di danno non patrimoniale elaborate dalla dottrina e della giurisprudenza non costituiscono pregiudizi autonomamente risarcibili, potendo esse venire in considerazione soltanto in sede di adeguamento del risarcimento al caso specifico, fermo restando che sulla statuizione di primo grado in ordine alla omessa allegazione circa il danno biologico differenziale si era formato il giudicato interno- osservava che nel caso di specie mancava invero già in seno al ricorso introduttivo del giudizio qualsivoglia allegazione riguardo al danno morale (ovvero qualsiasi elemento in ordine ad esempio a particolari condizioni soggettive del ricorrente, tali da incidere sull'entità della relativa sofferenza o, eventualmente, sul turbamento del suo stato d'animo). Piuttosto l'attore aveva lamentato che le menomazioni subite a seguito dell'infortunio avevano determinato "il c.d. danno biologico alla salute e alla vita di relazione" (l'appello comunque non risultava proposto dal lavoratore in ordine a quanto accertato dal ctu), essendosi poi limitato il [lavoratore], quanto al danno c.d. morale, a richiedere, sic et simpliciter, ovvero senza nulla allegare se non la mera enunciazione di tale voce di danno, la somma di euro 40.000 dal medesimo quantificata in via equitativa.

Di conseguenza, secondo la Corte di merito, anche l'originaria domanda del lavoratore inerente al danno morale andava disattesa, in quanto la congiunta liquidazione a favore del danneggiato del risarcimento sia per il danno biologico che per quello morale comportava, in assenza di allegazione su riflessi ulteriori rispetto a quelli tipici, una duplicazione risarcitoria delle medesime conseguenze pregiudizievoli. L'accoglimento, per le suddette ragioni, degli appelli rendeva superfluo l'esame degli altri motivi posti a sostegno delle due impugnazioni.

-il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento attraverso l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici.

Ne consegue che è inammissibile, perché costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima di lesioni personali, ove derivanti da reato, del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva, il quale costituisce necessariamente una componente del primo -posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una sofferenza fisica o psichica, come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello c.d. estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale.

Tuttavia, non è ammissibile nel nostro ordinamento l'autonoma categoria di "danno esistenziale", inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona, atteso che: ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell'art. 2059 cod. civ., interpretato in modo conforme a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria; ove nel "danno esistenziale" si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all'art. 2059 cod. civ.. Infatti, il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi "previsti dalla legge", e cioè, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ.:

(a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto ai risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale; (b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato ed in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento;

(c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale e in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati "ex ante" dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice. Inoltre, il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, è risarcibile - sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ. - anche quando non sussiste un fatto- reato, né ricorre alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali, a tre condizioni:

(a) che l'interesse leso - e non il pregiudizio sofferto - abbia rilevanza costituzionale, altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell'art. 2059 cod. civ., giacché qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile;

(b) che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità, poiché il dovere di solidarietà, di cui all'art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza;

(c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità. Quando, poi, il fatto illecito integra gli estremi di un reato, spetta alla vittima il risarcimento del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, ivi compreso il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva causata dal reato. 

Tale pregiudizio può essere permanente o temporaneo (circostanze delle quali occorre tenere conto in sede di liquidazione, ma irrilevanti ai fini della risarcibilità), e può sussistere sia da solo, sia unitamente ad altri tipi di pregiudizi non patrimoniali, ma in quest'ultimo caso di esso il giudice dovrà tenere conto nella personalizzazione del danno biologico o di quello causato dall'evento luttuoso, mentre non ne è consentita una autonoma liquidazione.

Cass. Civile Sez. L, Ordin. Nr. 26996 Anno 2018.

Data pubblicazione: 24/10/2018